Il Gigante di Ferro – Brad Bird – Recensione

Non è sufficiente possedere un cuore o un cervello se poi non se ne fa un buon uso. D’altronde, come asserisce l’irresistibile Spaventapasseri nel Mago di Oz, “c’è un mucchio di gente senza cervello che chiacchera sempre”. E il gigante di ferro di Bird non sembra, di certo, un uomo di latta sprovvisto di cuore. In tal caso più che di organi interni è più consono parlare di animo in grado di discernere, pian piano, la sottile differenza tra bene e male. E non è poco.

Non un “coso”. Non un “mega Frankenstein” di latta. Piuttosto un “essere”. Un amico. Già, perché “The Iron Giant” è soprattutto una storia di amicizia tra il coraggioso Hogarth Hughes, e una creatura di ferro quasi dall’indole di matrice Spielbergheriana, in riferimento non solo al suo GGG, ma anche all’intelligenza artificiale rapportabile a quel protagonista che si configura quale sorta di pinocchio “poco” robotico al suo interno (A. I. – Intelligenza artificiale, 2001), e profondamente umano nell’aspetto. Tornando al film diretto da Brad Bird nel 1999, l’umanità del gigante trasuda nella proiezione di ciò che si interiorizza attraverso i giusti input. Una proiezione genuina, che emerge o esplode maggiormente nel sacrificio finale. Eccome se emerge.

Negli anni Cinquanta, durante la guerra fredda, un novenne tosto a tal punto da reggere il caffè, Hogart Hughes, (cognome che rimanda a Ted Hughes, autore del libro del 1968 “L’uomo di ferro” cui è liberamente tratto il cartone animato), sceglie come amico una strana creatura, i cui passi poco leggiadri fan tremare la terra. Un legame che crea qualche cortocircuito e al contempo è proteso ad evitare progressive corrosioni e arrugginimenti, correlati in tal caso agli intenti poco lodevoli dell’agente dell’FBI Kent Mansley, inviato nella cittadina di Rockwell per dar la caccia al nuovo amico di Hogart: creatura che non può essere considerata uno dei rovesci della medaglia dei progressi conseguiti nell’era atomica.

Prodotto dalla Warner Bros, il lungometraggio d’animazione di Bird, pronto a tornare in pista a settembre con Gli Incredibili 2, consta di una trama a tratti lineare, ma nel suo piccolo toccante ed educativa: degna di un piccolo angolo significativo nel parterre animato.

Curiosità: in originale il gigante era doppiato da Vin Diesel, che già in tempi non sospetti ebbe modo di mostrare, grazie a questo film, la sua incredibile capacità di modulare la voce, molto prima del recente e dolcissimo Groot.

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